Petrarca all’Inferno
Ma vai all’Inferno! Un modo poco urbano di esprimersi?
Eppure siamo a Milano, ormai in città piena, tra l’Ospedale San Carlo e Baggio, all’ingresso del parco delle cave. Siamo nella residenza di Petrarca, una cascina con animali da cortile, arnie e tante piante, ortaggi ed erbe coltivate, spontanee e di vecchia o recente introduzione. Siamo tra fontanili antichi e piccoli canali di acque risorgive, strade bianche censite nel catasto di Maria Teresa ma molto più antiche.
Uno scrigno naturalistico ai confini di una periferia poco curata che sta migliorando ma che rimane poco umana e poco amena, una sorpresa inaspettata e una comunità che questi spazi li ha difesi con coraggio, impegno e cultura.
Gelsi per bachi da seta, salici capitozzati per cesti e bastoni che svettano sopra le ripetute ferite, bagolari, pseudo acacie, traccia di Alessandro Manzoni agricoltore, l’immancabile ailanto, fitolache tossiche di cui qui si conosce ancora il nome e i possibili usi anche alimentari e di cui proprio pochi si ricordano ancora. La fitolaca è una pianta amerinda che fu elegante ornamento e oggi è ostinatamente spontanea e disseminata ogni dove, segno di disordine e degrado.
Piantaggine, ortiche gustose e tenere, rovi ricchi di more turgide, pitosfori e actinidia, tracce di vigne amerinde, porta innesti a pergola addossati a qualche muro di mattoni; muri segno di Benedettini e di Umiliati.
Tra boschi, pessimo esempio di Salto periurbano, che poco o nulla possono per ristorare le inquinanti compagnie urbane che scorrono ai fianchi.
Francesco chiamava questo luogo Inferno, a lui gradito per abitarvi in piena tranquillità ma vicino a luoghi di incontro e di cultura. Pochi affreschi e segni da restaurare, un investimento tutto sommato sostenibile per la bella e ricca Milano ora anche verticale; scusa per ricordare radici profonde e tra loro intrecciate. Gli affreschi di campagna a Viboldone che si confondono con quelli giotteschi e le forme di cacio di grande pezzatura pronte per partire per le marinerie nordiche, i panni e i tessuti, la meccanica e poi la raffinazione piuttosto puzzolente.
Luoghi dove ora puoi camminare o correre, dedicarti alla raccolta e molto di più dove puoi sorridere e ricevere un sorriso, dove puoi mostrare alla nipotina qualche coniglio, galline autoctone e amerinde, anatre, qualche pecora e capretta e alla sera diversi esemplari selvatici, furetti abbandonati o faine? Scoiattoli europei o americani, conigli e gatti e ora anche le lucciole che si erano perse, quelle che a sera ti lasciano a bocca aperta e puoi mostrare ai nipotini.
Una piccola ma assai importante sala conferenze dove forse dormiva e scriveva Francesco, dove si discute di patrimonio culturale, della sua conservazione, di agricoltura e boschi, di Petrarca e del Decembrio, di centuriazioni romane e tracce assai antiche rimaste impresse nei terreni e un gran desiderio di comprendere le radici dei luoghi e delle comunità. Comunità come quelle botaniche assai differenziate e di origini anche molto lontane, ma unite dal desiderio di vivere scoprendo la ruralità sotto casa.
Credo che la visita del sito dell’associazione che ha reso possibile questa avventura possa essere interessante.
di Lucio Fumagalli – Presidente INSOR