CORRADO BARBERIS HA INTRAPRESO IL VIAGGIO NELL’UNIVERSO
Riceviamo questo ricordo così importante del Caro Professor Barberis, da parte di Agostino Bagnato, che sentiamo come nostro.
Quanti studenti hanno frequentato i corsi universitari e si sono laureati con Corrado Barberis in oltre trent’anni d’insegnamento? E quanti sono i libri di sociologia rurale, storia delle campagne italiane e di economia agraria che ha pubblicato in oltre cinquant’anni di attività? E i saggi sulla storia dell’alimentazione, le origini delle produzioni tipiche, le ragioni culturali prima che agronomiche dei prodotti particolari della grande tradizione, dono miracoloso della biodiversità e della natura mediterranea della nostra cultura alimentare? E le ricerche condotte on the field in decenni di visite a borghi rurali, cantine, caseifici, oleifici, pastifici, salumifici, sempre armato di quell’arguzia bolognese che lo rendeva unico nell’approccio con le persone e i luoghi conosciuti. Una curiosità immensa che si traduceva in studio, analisi dei fattori, scoperta delle radici e delle ragioni, senza mai essere futile. E un’affabulazione unica, fatta di preziosità linguistiche mai fini a sé stesse, di rimandi classici in svariate lingue antiche e moderne, frutto di applicazione giovanile ma anche di una memoria proverbiale.
Il 31 marzo 2019, all’età di novanta anni, Corrado Barberis ha deciso di lasciare questa fragile casa che è la vita sulla terra e di intraprendere il viaggio nell’universo. A Roma, dopo una breve malattia, si è spento senza rumore. La sua abitazione che custodisce tanti ricordi della sua vita operosa e feconda, rimane vuota. Avrebbe preferito forse lasciarsi andare a Bologna, nella casa di famiglia ai piedi della collina di San Luca, di cui andava orgoglioso, perché faceva parte della storia dei suoi antenati, tra Piemonte ed Emilia e quel podere di Zocca di cui parlava ogni tanto e scriveva in qualche appunto di sociologia rurale. Rimpiangeva l’enorme quercia, autentico patriarca vegetale, che dominava il paesaggio di quella proprietà antica, in gran parte dispersa negli anni Trenta per le vicende di “quota ’90”.
Tutto era cominciato, dopo gli studi universitari, in seguito all’incontro con Giuseppe Medici, grande economista agrario e studioso di agricoltura, che lo volle con sé a partire dal 1953, nello staff dell’Ente Maremma di cui era presidente, al tempo della riforma fondiaria. Corrado Barberis aveva iniziato il proprio impegno attivo nell’Ente Tre Venezie, dove si era distinto per l’arguzia e la capacità di osservazione, manifestando quelle qualità di sociologo che sono stati il tratto esemplare della sua personalità. E a dire che nel 1947, in seguito alla morte prematura del padre, si era recato a trovare Padre Pio per avere conforto nello sforzo di superare la crisi in cui era piombato; il frate di Pietrelcina lo cacciò via, gridandogli «Vai nel mondo a cercare la tua strada, non qui da me!». E la strada Corrado Barberis l’ha trovata subito, dopo la deviazione sulla letteratura francese, dovuta ad un infatuazione misticheggiante sui testi di Jacques-Bénigne Bossuet, come qualche volta amava ricordare. Nel 1959, con Giuseppe Medici fondò l’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale che ha diretto con grande energia e intelligenza operativa per oltre cinquant’anni, accumulando un patrimonio inestimabile di conoscenze e di studi in tutti i campi del sapere legato alla storia economica e agraria dell’Italia. Il suo fondamentale studio Le campagne italiane, edito in due volumi da Laterza tra il 1997 e il 1998 abbraccia duemilacinquecento anni di storia, tracciando di ogni epoca gli aspetti salienti partendo da particolari inconfondibili per dilatare la narrazione su elementi generali. Ma il merito fondamentale dell’INSOR e di Corrado Barberis è stata la durissima fatica della progettazione, preparazione, redazione e pubblicazione degli Atlanti dei prodotti tipici delle campagne italiane. Un lavoro che ha impegnato lo studioso per molti anni, assistito da un gruppo di collaboratori disponibili a seguirlo in capo al mondo, pur di raggiungere la meta di presentare ai lettori gli aspetti qualificanti di ciò che si mangia e si beve a tavola e nelle feste. Ed ecco l’Atlante dei formaggi, della pasta, del pane, delle conserve, delle erbe, dell’olio, del vino e delle grappe. Fino alla ricerca sulla storia della pesca e sulle tradizioni del pesce nei diversi secoli che egli considera giustamente componente della ruralità. Memorabile la sua lettura dei grandi testi della gastronomia, a partire da quello del notaio de’ Crescenzi fino agli sfarzosi banchetti alle principali corti rinascimentali e del Papa di turno. Senza dimenticare la riscoperta di testi preziosi, come quello di Paolo Giovio sulla pesca nella storia di Roma antica e di quella rinascimentale. Di ogni cosa egli riportava un particolare gradevole che s’imprimeva nella mente dell’ascoltatore e non veniva più dimenticato, inducendo a studiare per saperne di più, conoscere meglio, gustare i sapori narrati, magari avventurarsi nell’enogastronomia.
Le trasmissioni televisive e le pubblicazioni commerciali sulla cucina, così di moda in questi anni, anche se spesso invasive e di carattere spettacolare, quanto debbono a Corrado Barberis e al suo insegnamento? Oggi tutti parlano di enogastronomia, prodotti tipici, cucina, sana alimentazione, ma quanti hanno avuto la fortuna di conoscere dal vivo i processi produttivi sui campi, nelle stalle, nelle macellerie, nei caseifici, nelle cantine, nei frantoi, nelle distillerie, nei mulini come ha fatto Corrado Barberis? E quanti hanno davvero visitato ristoranti, trattorie, forni e locande per conoscere le particolarità di quel territorio e raccontarle con la prosa scintillante di un autentico narratore, qual era Corrado Barberis? Consumava il cibo lentamente, desideroso di gustare il sapore di ogni ingrediente e poi quello generale, esprimendo giudizi con profonda competenza e senza indulgenza, ma ligio al dovere di portare un contributo per migliorare. E lo stesso nella degustazione del vino e nell’assaggio delle grappe. Non amava i locali stellati, ma andava instancabilmente alla ricerca del piatto autentico, senza fronzoli. Memorabili i suoi apprezzamenti per l’anguilla di Bolsena e di Vico, dei funghi ferlenghi di Monteromano, dei salumi di capra e di pecora a Carsoli e dell’Abruzzo in generale. Le sue innumerevoli noterelle su giornali e riviste sono un patrimonio di scoperte e di suggerimenti per proseguire sulla strada della scoperta della naturalità.
In occasione dei festeggiamenti per i suoi ottanta anni, corrispondenti ai cinquanta anni della fondazione dell’INSOR, presentò il volume Ruritalia. La rivincita delle campagne e accanto un libro di poesie che sorprese non poco per la sua autenticità. Egli si definiva un post pascoliano, e di Giovanni Pascoli nel 2011 tracciò un commovente ritratto “rurale” nel convegno presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma. Ha fatto seguito qualche tempo dopo l’altro volume Mangitalia, una vera e propria scorribanda nella tipicità mediterranea. Sostenitore documentato della dieta mediterranea, anche dopo il predominio della biodiversità, di cui Barberis ha analizzato e investigato ogni angolo del territorio nazionale. Al centro delle sue ricerche c’è l’uomo, la sua presenza sul territorio, la funzione di custode dell’ambiente e della tradizione. La persona come centro di quel mondo rurale la cui civiltà egli ha difeso, legandosi allo spirito di Carlo Levi e di Rocco Scotellaro. Non a caso erano soci dell’INSOR i maggiori studiosi di storia, economia, letteratura, antropologia, e ovviamente sociologia, da Franco Ferrarotti e Giuseppe De Rita. La biblioteca dell’INSOR, unitamente a quella dell’Istituto “Alcide Cervi”, resta un punto di riferimento per gli studi sul mondo rurale e sulla storia del movimento contadino italiano.
Bisogna anche ricordare che questa vastissima attività è stata condotta da Corrado Barberis contemporaneamente al suo impegno universitario, prevalentemente presso la “Sapienza” Università di Roma, dove viene ricordato per la precisa lezione teorica e soprattutto per la vastissima cultura umanistica.
Era sempre disponibile ad ascoltare e a dare consigli. Non cercava il successo, ma il consenso ragionato e soprattutto la sua ambizione era stimolare la voglia di conoscenza. Ha preso parte alla creazione del progetto su cui è nata la rivista “l’albatros”, di cui è stato fino all’ultimo componente del Comitato di Redazione e ha collaborato fin dalle origini alla vita dell’associazione culturale “l’albatros”, del cui Comitato Scientifico è stato animatore convinto. Per lunghi anni ha fornito le sue preziose note sull’evoluzione del costume enogastronomico e della politica agraria e agroalimentare italiana ed europea. Ha portato ovunque la sua carica di umanità e la forza inesauribile del suo gusto di vivere. Quando gli è stato chiesto di intervenire come esperto in alcuni documentari sulla storia della pesca e della cucina di pesce in Italia, non si è sottratto all’impegno ed ha arricchito la scena con la sua fisionomia inconfondibile, il gradevolissimo parlare e la profondità della sue annotazioni.
La sua eredità sarà custodita e difesa da coloro che lo hanno conosciuto e lo hanno apprezzato e da tutti coloro che dal suo esempio e dal suo sapere hanno tratto beneficio per il proprio percorso umano e professionale.
Agostino Bagnato