Il decano della sociologia rurale in Italia
Riportiamo lo scritto di Alfonso Pascale, presidente del CeSLAM (Centro Sviluppo Locale in Ambiti Metropolitani), in occasione dei 90 anni del Prof. Barberis.
Il decano della sociologia rurale in Italia e presidente honoris causa dell’Istituto nazionale di sociologia rurale (Insor), Corrado Barberis, compie oggi novant’anni. Nell’augurargli lunga vita, vorrei sottolineare l’importanza del suo impegno culturale per affermare il piacere del mangiare come veicolo di cambiamento sociale. Egli è il primo a intravedere il passaggio epocale da una ruralità di miseria ad una ruralità di benessere e da una concezione del cibo come mezzo di sostentamento ad un’idea del mangiare come fonte di divertimento. Prescrivendo un colpo di acceleratore a tale evoluzione, Barberis indica per tempo una delle azioni più efficaci per dare prospettive nuove all’agricoltura e alla società.
In una pubblicazione del 1976 (Insor, “L’avvenire delle campagne europee”, Angeli, Milano, pag. 17), Il sociologo teorizza per la prima volta la possibilità di interrompere, almeno per un segmento della produzione agricola, la tendenza secolare al deterioramento dei prezzi dovuto alla rigidità della domanda alimentare. Egli scrive: “Se la concorrenza non è più stabilita con altri prodotti alimentari meno cari ma con fonti diverse di piacere, i prezzi delle derrate non pongono più un problema. I tartufi valgono ben un teatro e una bistecca chianina vale una serata danzante. In Francia i viticoltori meridionali produttori di una sgraziata bevanda, sono stati messi in crisi tra il 1975 e il 1976 dall’arrivo del vino sfuso siciliano: ma gli dèi di Chateau-Lafite o di Romanée Conti hanno contemplato impassibili, dall’alto dei loro cieli, la lotta di quei villani […] Che senso ha far pagare allo stesso prezzo il chilo di filetto affastellato da una fabbrica di carne intensiva o lentamente tessuto, erba dopo erba, da un libero animale sul pascolo alpino?”.
Barberis non aveva dimenticato la lezione del suo maestro, Giuseppe Medici, che già nel 1954, mentre era ministro dell’Agricoltura, aveva indotto il Parlamento ad approvare una legge che distingueva i formaggi di qualità in due tipi: a denominazione di origine controllata, con riferimento a una ben delimitata area produttiva; oppure tipici, con un unico riferimento a determinate norme, ripetibili in vari luoghi.
Dallo studio pioneristico del 1976 parte un filone di ricerche promosse dall’Insor e finanziate dal Ministero dell’Agricoltura sul rapporto tra gastronomia e società, i cui risultati confluiscono in un grosso volume di 675 pagine presentato nel novembre 1983, presso il Parlamentino del dicastero di via XX Settembre, da Camillo de Fabritiis, direttore generale del Ministero stesso e da tre assessori regionali: Ernesto Vercesi per la Lombardia, Emo Bonifazi per la Toscana, Michele Bellomo per la Puglia. Esce per i tipi di Franco Angeli nel 1984 col titolo “Gastronomia e società”. Altri studi dell’Insor su prodotti tipici in Italia fra tradizione e mercato sono pubblicati in uno speciale quaderno di Sociologia urbana e rurale (1985, n. 18).
Un anno dopo è lo stesso Ministero dell’Agricoltura a recepire la teoria delle due agricolture, assumendo tra i presupposti del nuovo piano agricolo nazionale una bipolarizzazione del consumo “attorno ai due aspetti: cibo-nutrizione e cibo-soddisfazione, con richiesta per la prima esigenza di prodotti di qualità standardizzata e di prezzo contenuto e, per la seconda, di prodotti di alta qualità a prezzi ovviamente più alti”. Viene indicata la strada di rompere l’unicità del mercato e di dar vita a tanti segmenti di mercato per quanti sono i prodotti tipici. Un processo culturale e operativo che si era già avviato spontaneamente da oltre un decennio e che ora si espande in modo significativo in tutte le regioni italiane. L’agricoltore fa un salto di qualità: cessa di essere un anonimo e diventa un artista, un gallerista che espone capolavori.
In preparazione del VII congresso mondiale di Sociologia rurale, l’Insor organizza a Bologna, nei giorni 19 e 20 dicembre 1987, il convegno “Gastronomia e società” a cui partecipano operatori sociali e studiosi. La relazione di Barberis ha un titolo eloquente: “L’agricoltura come garante del prodotto di qualità”. Portano le loro esperienze i creatori di prodotti di fattoria, come l’azienda Ballancin di Solighetto (TV), la Valsesia di Sillavengo (NO), la Brusafelli di Azzanello (CR), la Ceretto di Alba (CN), la Fattoria dei Barbi di Montalcino (SI), la Cooperativa conserve ecologiche di Morano Calabro (CS), la Cooperativa Alce Nero di Isola del Piano (PS), l’azienda suinicola Giudiceandrea di Trenta (CS), l’azienda per la produzione di oche Hausbrandt di Viscone (UD), l’azienda bufalina Caproni di Vizzola Ticino (VA), l’azienda Badia a Coltibuono di Gaiole Chianti (SI), la Cooperativa Rinascita Montana di Nocera Umbra (PG). Intervengono gli artigiani del cibo, come il salumaio Alfonso Boscacci di Bormio (SO), il casaro Francesco Giardina di Domodossola (NO), il distillatore Gioacchino Nannoni di Civitella Paganico (GR). Sulla qualità a tavola dice la sua Gualtiero Marchesi. E studiosi di fama internazionale, come Leo Moulin, Matty Chiva, Claude Grignon, Claude Fischler, Jean Cuisenier, Piero Camporesi, Carmelo Lisòn-Tolosana, Claus-Dieter Rath, Tullio Tentori, affrontano gli aspetti sociologici ed etno-antropologici. Mentre si svolge il convegno, nel Palazzo Re Enzo è allestita la mostra dei prodotti tipici e delle grappe di fattoria.
Tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta, l’Insor pubblica i volumi che compongono l’Atlante dei prodotti tipici italiani, frutto di un censimento meticoloso di formaggi, salumi, conserve e pane. Nel 1992 esce la monografia “Les micromarchés alimentaires: produits typiques de qualité dans les regions méditerranéennes” commissionato all’Istituto dalla allora Comunità Europea. È dunque evidente il ruolo trainante svolto dall’Insor nel promuovere una politica agricola che veda l’agricoltura, insieme all’artigianato, non produrre solo calorie ma cultura.
Il1996 e il 1999 Laterza pubblica una ponderosa opera di Corrado Barberis sulla storia delle campagne italiane in due volumi: “Da Roma antica al Settecento” e “Dall’Ottocento a oggi”. Filo conduttore dei due saggi è la ricerca dell’essenza contadina nella tradizionale cultura italiana alla luce delle problematiche odierne. Oltre i temi di storia rurale, emerge il quadro sociologico e culturale entro cui nascono i prodotti tipici, le tradizioni e i rapporti sociali. E si dà conto della vocazione industriale delle campagne italiane, già presente alla fine dell’Ottocento nelle occhialerie cadorine, nei sediari friulani, negli scarpari della costa marchigiana. Sono ripresi gli studi sull’evoluzione delle aziende agricole part-time pubblicati già nel 1970 nel volume “Gli operai contadini”, che offre per la prima volta in Italia una statistica sul fenomeno. Nell’approfondire gli intrecci tra agricoltura, industria, commercio, istruzione, competenze tecniche e scientifiche che si realizzano nei territori, si possono comprendere le linee evolutive dalla riforma agraria alla nuova ruralità, dalla fame al piacere, dallo stomaco al palato.
Infine, nel 2008 Mondadori pubblica il “Dizionario enciclopedico dei formaggi”, curato da Barberis, e, tra il 2009 e il 2010, Donzelli pubblica due libri che condensano decenni di studi e ricerche di Barberis e dell’Insor sulle diverse agricolture italiane: “Ruritalia. La rivincita delle campagne” e “Mangitalia. La storia d’Italia servita a tavola” che raccoglie gli articoli scritti per una rubrica da lui curata sulla rivista dell’Alitalia, “Arrivederci”.
E’ bene che i protagonisti della nuova ruralità, produttori, operatori economici, tecnici e cittadini che, mediante la cultura del cibo, contribuiscono al benessere collettivo. sappiano chi è stato l’antesignano della diversità alimentare.
Al seguente link, l’articolo completo.